Il ruolo del RSPP, criticità, errori da non commettere ma anche consigli e idee per lo sviluppo della figura professionale

17.08.2024

Intervista del 13 marzo 2018 a Matteo Micheli, presidente del Coordinamento Nazionale Prevenzione e Sicurezza 

Come vedi il ruolo del RSPP all'interno del quadro generale della sicurezza sul lavoro?

Grazie per la domanda aperta che mi permetterebbe di rispondere in maniera diplomatica, ma come promesso, per questa intervista, voglio essere diretto ed esprimere il pensiero del direttivo del Coordinamento Nazionale Prevenzione e Sicurezza, che a partire dall'anno 2016, ha promosso una ricerca, sul tema della salute e sicurezza sul lavoro, grazie alla quale posso esprimermi sul tema con dati statistici alla mano.

Lo studio, è stato lungo ed estremamente interessante, infatti grazie ai risultati ottenuti è facile chiarire il ruolo di tutti i soggetti coinvolti alla tutela e sicurezza dei lavoratori. Tale lavoro è stato suddiviso in due fasi; la prima ha previsto un'istanza di accesso agli atti, per finalità statistiche, riguardante i dati delle attività ispettive e delle sanzioni rilevate ai sensi della vigente normativa in materia di igiene e sicurezza del lavoro, connesse all'anno 2014, da parte degli organi di vigilanza afferenti a ciascuna regione italiana. Per essere più chiaro, ad ogni regione è stato chiesto di indicarci quante volte erano stati prescritti i vari articoli relativi al D.Lgs. 81/2008 smi. Le uniche regioni ad inviare i dati come richiesti sono state la Sardegna, l'Emilia Romagna e la Calabria.

Invece la seconda fase prevedeva la somministrazione di un questionario denominato "Indagine conoscitiva sulla percezione della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro da parte dei datori di lavoro", con l'obiettivo di rilevare la percezione dei rischi per la salute e sicurezza da parte dei datori di lavoro, e misurare il loro livello di consapevolezza rispetto alla normativa di riferimento.

L'indagine si è basata su un campione di circa 2.061 datori di lavoro, rappresentativo dell'intera realtà nazionale e stratificato per macroaree geografiche, dimensione aziendale e settore produttivo.

Prima di andare avanti puoi anticiparci alcuni risultati delle due fasi?

Certamente, attraverso questi risultati, cercherò di risponderti anche alla prima domanda. Durante lo studio dei dati relativi alla vigilanza dell'anno 2014 in materia di sicurezza sul lavoro, è risultato che per il Ministero non sono regolari il 64,71% delle aziende ispezionate, invece per gli organi di vigilanza regionali sembrerebbero regolari l'81% delle aziende sottoposte a controllo. Dati estremamente divergenti.

Sempre nel "rapporto annuale (2014) dell'attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale" divulgato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali si evince che sono stati riscontrati 77.738 lavoratori totalmente a nero. Analizzando questo ultimo dato, con il numero delle violazioni riscontrate dagli organi di vigilanza regionali (esclusa la Puglia) riportate nella scheda denominata "Attività di Vigilanza nei Luoghi di Lavoro" del report annuale 2014, risulta che il numero delle prescrizione è pari a 12779 unità. Pertanto se volessimo evidenziare solo la mancata formazione dei 77.738 lavoratori a nero relativa all'articolo 37 del D.Lgs. 81/2008, ed ipotizzando che le 12779 prescrizioni si riferiscano solo a tale articolo, mancherebbero 64959 violazioni della stessa fattispecie di reato, senza tener conto delle altre misure di prevenzione e protezione. Possiamo fare più ipotesi: 1) non è stata fatta la segnalazione agli organi di vigilanza regionali e territorialmente competenti da parte dell'ente accertatore della presenza di lavoratori a nero; oppure 2) dopo la segnalazione degli enti che hanno accertato tali irregolarità, l'organo di vigilanza non ha effettuato le prescrizioni come previsto dalla vigente normativa.
Purtroppo sembrano ancora attuali le critiche fatte al sistema da Cesare Beccaria nel lontano 1764, infatti nel breve saggio "Dei delitti e delle pene" pubblicato in forma anonima scrisse che "gli stessi delitti dallo stesso tribunale (vengono) puniti diversamente in diversi tempi, per aver consultato non la costante e fissa voce della legge, ma l'errante instabilità delle interpretazioni". Nel 2017 sul tema della sicurezza sul lavoro si vive la stessa situazione evidenziata dallo scrittore illuminista più di 200 anni fa.

Per quanto riguarda il questionario rivolto ai datori di lavoro è emerso che:

  • Il 38% degli imprenditori (con dipendenti) dichiara che l'azienda non è obbligata ad avere il documento di valutazione dei rischi. Dato che trova conferma nel 42% dei datori di lavoro che dichiara di non conoscere la normativa sulla sicurezza sul lavoro, invece chi dichiara di conoscerla indica erroneamente il D.Lgs. 626 del 1994.
  • Il 56% degli imprenditori, con più di 15 addetti, dichiara di non essere obbligato ad effettuare la riunione periodica. Pertanto non è a conoscenza di quanto sancito dall'articolo 35 del D.Lgs. 81/2008.
  • Il 37% dei datori di lavoro (con dipendenti) dichiara che la formazione dei lavoratori sul tema della sicurezza sul lavoro non è obbligatoria. Invece Il 60% degli imprenditori che hanno fatto partecipare i lavoratori a percorsi formativi non ritengono che sia utile per prevenire gli infortuni.
  • Il 73% dei datori di lavoro che hanno ricevuto un'ispezione dell'organo di vigilanza non sono a conoscenza delle responsabilità penali previste dal D.Lgs. 81/2008.
  • Il 58% di tutti gli intervistati non ha fiducia nell'operato delle istituzioni pubbliche deputate al sistema di prevenzione e controllo.

Questa lunga premessa era necessaria perché da sola illustra lo scenario nel quale operano i Responsabili dei Servizi di Prevenzione e Protezione.

In questo quadro troviamo da un lato imprenditori che non conoscono tutta la normativa in materia di sicurezza sul lavoro, e dall'altro organi di vigilanza che non operano in modo univoco, ma interpretando troppo spesso i precetti normativi. In questi giorni si stanno svolgendo interviste, nel rispetto dell'anonimato, a degli ispettori in materia di sicurezza sul lavoro per comprendere il loro punto di vista partendo dalle considerazioni fatte qualche anno fa dal Dott. Nicola Magnavita sulla rivista "La Medicina del Lavoro" dove scriveva: "Gli organi di vigilanza sanzionano la mancanza di firma (nel dvr) del medico, come gli occhiuti gendarmi del paese di Acchiappacitrulli, ma generalmente non vanno oltre un'occhiata alla prima e all'ultima pagina del Documento".

Un'anticipazione di queste interviste?

Siamo ancora lontani dall'elaborazione dei risultati, ma una cosa è certa: gli operatori intervistati ritengono che non sia possibile prescrivere tutti gli articoli violati dalle imprese perché altrimenti le stesse chiuderebbero. Un punto di vista che deve fare riflettere.

Vi propongo una sfida per la prossima intervista. In quanti cantieri edili avete riscontrato il rispetto dell'allegato XIII, e mi riferisco in modo particolare alla presenza nel cantiere di spogliatoi dotati di armadietti e di docce? Sfida accettata?

Quali sono le maggiori criticità e le carenze in relazione al ruolo dei RSPP?

Il primo problema è sicuramente legato al proliferarsi di pseudo esperti che improvvisano una professione che invece necessita di personale competente e capace. È diffusa la credenza che per elaborare un documento di valutazione del rischio basti il metodo del "copia-incolla", o sia sufficiente acquistare un software. Questa è la strada dell'inSicurezza che ha generato delle offerte da teatro dell'assurdo, infatti navigando su internet, è possibile acquistare un pacchetto denominato "Azienda in Regola" che per soli 399 Euro offre: il documento di valutazione dei rischi, il corso di formazione per RLS, il corso di primo soccorso, corso antincendio, corsi formazioni lavoratori, RSPP esterno. Ogni ulteriore commento risulterebbe superfluo.

Per non parlare poi della standardizzazione, che per definizione rende uniforme, conforme a un unico tipo, eliminando ogni tratto distintivo e carattere individuale, livellando e spersonalizzando; la valutazione dei rischi invece deve essere specifica, rigorosa, corretta, completa, flessibile ed applicabile.

Qual è secondo te l'errore principale e più comune che viene commesso da un RSPP?

Dopo il metodo diffuso del "copia-incolla" per le valutazioni dei rischi, purtroppo non esiste un solo errore principale ma una moltitudine di errori. Dobbiamo ribadire che il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione non è il "tuttologo" della sicurezza, sarebbe davvero sciocco pensare il contrario, invece dovremmo iniziare a vedere l'RSPP come un facilitatore attraverso il quale il sistema azienda raggiunge gli obiettivi di tutela dei lavoratori e dell'impresa.

Per adempiere ai compiti previsti dall'articolo 33 del TULS si deve mettere in atto quanto dichiarato, nel lontano 1700, da Bernardino Ramazzini: "…per poter meglio conoscere le malattie professionali si deve innanzitutto conoscere la tecnica delle lavorazioni, anche quelle più dure e ripugnanti, andando ad esaminare da vicino…".

Perché non si può credere di poter elaborare le procedure di sicurezza senza conoscere, in modo perfetto, le lavorazioni che svolgeranno i lavoratori. Inoltre per la progettazione di questi sistemi è necessaria la partecipazione e la condivisione dei lavoratori come misura di tutela generale, perché il comportamento e la consapevolezza dei lavoratori è infatti alla base di qualunque risultato in termini di gestione della prevenzione.

Quali sono i consigli che ti sentiresti di dare ad un RSPP per poter svolgere al meglio la sua mansione?

Prima di tutti di non smettere mai di formarsi e di certificare le proprie competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Successivamente di tenere sempre in mente che l'infortunio o la malattia professionale non sono assolutamente "l'invitabile frutto del destino", ma (la maggior parte delle volte) sono causati dagli errori latenti, cioè per delle condizioni presenti nel sistema e determinati da decisioni prese (o non prese) dal servizio di prevenzione e protezione. Errore Umano? No, cattiva progettazione.

Pertanto il responsabile del servizio deve avere la cultura e la forma mentis del garante della salute dei lavoratori, adempiendo in modo diligente e certosino, fino alla pedanteria, a quanto previsto dall'articolo 33 del D.Lgs. 81/2008 smi.

Cosa cambieresti in questa figura (rispetto a obblighi, responsabilità ecc)?

Per evitare di ridurre il lavoro ad un obbligo formale (dove prolifera il pressappochismo) cambierei, per questa figura, la parte sanzionatoria. All'interno del Decreto Legislativo 81/2008 smi troviamo qualche articolo che sanziona direttamente il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione? No, ma questo non vuol dire non avere responsabilità penali e/o civili a seguito di infortunio o malattia professionale.

Qualche anno fa in un convegno rivolto ai Medici Competenti veniva sollevata l'attenzione sull'articolo 25 del TULS, alcuni dei presenti illustravano la disparità sanzionatoria della normativa tra gli obblighi del Medico Competente ed i compiti del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione. Credo sia corretto applicare la stessa ratio sia per gli uni che per gli altri, cioè se è prevista una sanzione per il Medico Competente che non adempie ai suoi obblighi, altrettanto dovrebbe essere fatto per gli RSPP, altrimenti sarebbe giusto non prevedere alcuna sanzione per tutti e due i ruoli.